martedì

Le categorie (o le annualità) della cultura e della controcultura

" Cultura 1 Si oppone alla scienza ,alla politica,all'economia,alle attività pratico- produttive.Privilegia la formazione del gusto estetico ,naturalmente secondo gli standard della classe dominante (è cultura apprezzare Beethoven,non un canto di avvinazzati,almeno che non sia nella forma della ricerca etnologica o della nostalgia o della ricerca snob del Kitsch).E' una nozione merceologica,naturalmente à rebours :è cultura ciò che non serve,e quindi l'arte,il gioco,non la tecnica.Contraddistingue colui che ha saputo procurarsi una condizione di ozio critico (è in tal senso la nozione aristotelica del filosofo).Non è accessibile a tutti,per classe,censo,capacità innate.E' segno di distinzione.Questa nozione appare sulle pagine dei giornali o delle riviste ,o nei cataloghi di case editrici,dove si distingue la sezione "cultura" da quelle dedicate alla vita associata,alla produzione,all'economia.
"Controcultura", in quest'ambito,può essere una azione politica o civile che si oppone a questo modello di uomo colto e raffinato [NDR modello solo di uomo,forse era il periodo, e d'altronde ancora oggi la donna è meno colta,meno capace,con meno talento,meno famosa,meno libera di fare carriera anche artistica e di esibizione del proprio talento o della propria cultura,tolta la televisione,e comunque in effetti in quel caso il modello culturale,anche al femminile non è questo,perché la maggior parte delle donne e ragazze famose non ha questo tipo di formazione,perché in questi ambienti si impedisce alle donne di esibirsi,tranne che in salotti o associazioni salotto,raramente possono avere una carriera e una vita sessuale e sentimentale e relazionale con tutti gli amori delle loro vite secondo i propri desideri nel momento in cui ci sono questi desideri],votato al culto dell'inutile.E' atto di controcultura proporre un'arte popolare o selvaggia ,sottolineare in contesto umanistico il valore della discussione politica ed economica.In tal senso la contestazione studentesca del Sessantotto che tendeva a introdurre nell'università i problemi delle masse popolari,la dimensione politica,il rispetto della creatività istintiva e appunto "selvaggia",era indubbiamente un'attività di controcultura,ma rimaneva tale solo in opposizione alla filosofia dominante nelle facoltà umanistiche.

Cultura 2 . Si definisce come atteggiamento superiore contro la bestialità,l'ignoranza,l'idolatria tipica della massa_ si pensi alla polemica di Ortega y Gasset o di Adorno_ .Non privilegia necessariamente le "umanità" [NDR Traduzione di "Humanistics" ,pertinente all'ambito di Lettere e,come in questo caso,
indirettamente,Filosofia] e l'inutile:anche un direttore di banca o un finanziere sono uomini di cultura.Ma indubbiamente lo saranno ancor più nella misura in cui sapranno talora affrancarsi dalle necessità del loro mestiere per coltivare anche le umanità.In definitiva la cultura è il possesso del sapere ,in tutte le sue accezioni.In tal senso è anche la caratteristica degli uomini di potere_ _Clausewitz [NDR prussiano;militare,ufficiale poi generale; combatté contro Napoleone nel 1805;scrisse osservazioni teoriche sulla guerra e sull'obbedienza non dovuta ai superiori],che sapeva di strategia,era un uomo di cultura:perciò sapeva come vincere_.

Nelle sue frange democratiche questa nozione presiede agli appelli per la diffusione della cultura presso i ceti inferiori:ma proprio perché esclude dal proprio ambito il sapere pratico e manuale ;un meccanico di automobile non è un uomo colto.

Il sapere di cui si parla è sapere teorico che richiede una certa distanza dalla necessità immediata,dalla prassi volta ai fini di utilità diretta.

Così anche questa nozione di cultura implica una dose di ozio come condizione necessaria della crescita culturale.
Questa nozione riconosce un proprio opposto come momento negativo:la controcultura è in tal caso la pseudo cultura raccogliticcia dell'uomo di massa ,schiavo dei suoi miti e dei suoi riti .Ma a questa nozione di cultura si può opporre anche una controcultura che assume i propri limiti come elemento di sfida,ricerca di una nuova dimensione umana.

Ecco allora i gruppi di emarginati,i drop aut ,le società underground ,i discriminati del sesso o del potere,del censo o della fortuna.Una controcultura di tal fatta assume orgogliosamente un linguaggio dissociato,pulsioni e desideri frustrati e in ogni caso non disciplinati.Rifiuta il potere e l'integrazione:di tale controcultura sono oggi rappresentanti gli assenteisti ,gli autoriduttori,gli indiani metropolitani,i renitenti alla leva...e via via,sino alle manifestazioni estreme del rifiuto del consenso,i mistici della P.38,i terroristi,i senza casa e senza patria. Potremmo anzi dire che questo concetto di controcultura nasce e si manifesta sino alle sue forme estreme ed aberranti proprio perché la società borghese ha proposto con insistenza il modello selettivo della cultura come competenza tecnica,sapere volto alla conquista del potere,distintivo di classe.
I due concetti sono vittima entrambi della loro radicalità:sono entrambi ideologici.Ideologico l'atteggiamento dell'uomo "coltivato" che non riconosce la fecondità e la verità delle culture emarginate,ideologico l'atteggiamento dell'emarginato che confonde Potere repressivo con potere tout court e rinuncia al compito di aver potere sulla realtà per poterla trasformare,disconoscendo il ruolo che ha la conoscenza nei confronti del potere da esercitare sulle cose.Tipica manifestazione di controcultura acritica è l'affermazione ,che circola negli ambienti della contestazione studentesca,che lo studio vada rifiutato perché la scienza è funzionale all'espansione del potere (o del capitale o della società borghese).
Là dove il potere può oggi fare almeno benissimo dell'università (mantenendola come come area di parcheggio o sacca di contenimento),proprio perché non tutta la conoscenza è funzionale ai propri fini:ed esistono forme di conoscenza critica che invece mettono in questione l'esercizio repressivo del potere ,la società del profitto,l'applicazione della tecnica (e della scienza) a fini di sfruttamento.

Cultura 3. E' la nozione antropologica .E' l'insieme delle istituzioni ,dei miti,dei riti,delle leggi,delle credenze,dei comportamenti quotidiani codificati,dei sistemi di valori e delle tecniche materiali elaborate da un gruppo umano.Rispetto alle due nozioni precedenti ha un carattere apparentemente neutro:infatti chi parla di cultura nei primi due sensi vi associa sempre e comunque una connotazione positiva;chi ne parla invece nel senso antropologico non deve necessariamente approvare un dato modello culturale per poterlo descrivere.Ne riconosce semplicemente l'esistenza,e il fatto che che esso si autosostenga,ovvero sia capace di autoriproduzione. Altra caratteristica della cultura in senso antropologico è il fatto che essa ,per funzionare,non deve essere necessariamente esplicita :un gruppo può vivere il proprio modello di cultura senza saperlo.La cultura in tal senso diventa esplicita solo in due casi:o di fronte a una analisi critica che ne metta in luce il funzionamento,o di fronte all'insorgenza (dal proprio interno o al proprio esterno) di un modello concorrenziale.In un certo senso anche l'analisi critica può svilupparsi solo in riferimento a un modello alternativo che funzioni come riferimento metalinguistico.Le culture che non hanno esperienze traumatiche di culture diverse non riconoscono se stesse come una cultura ,ma come il modello di umanità tout court.Gli altri sono i "barbari" ,ovvero la non cultura.E' solo quando i barbari si insinuano nel corpo stesso della cultura in questione che essa impara a riconoscere diversi modelli d'organizzazione culturale e a definire se stessa nel momento in cui definisce la cultura altrui.

In questo contesto [NDR è il caso di definire così questo ambito di significato del lemma cultura,per essere in tema ..."culturale"] non ci sono contro culture :ci sono altri modelli culturali .[NDR A me sembra che siano "livelli" di significato e d'interpretazione che in pratica si possono trovare nella stessa realtà :la persona colta che però nelle decisioni riguardanti i grandi eventi della vita ,comprese le relazioni umane,incluse quelle con l'altro sesso e con lo stesso sesso,deve agire e giudicare secondo quei parametri e non secondo quelli delle altre definizioni di cultura ;però contemporaneamente ,non può ,almeno esplicitamente,applicare quei parametri del suo modello culturale dove la società in cui è nata la pone,a quelli della cultura "umanistica" ,perché sembrerebbe arretrata: può e può succedere che ci sia un preferenza ,della persona o di chi la forma,la istruisce, per certe opere ,certi contenuti e certi modi di trattarli ,ma la persona non può dire che non sono arte o non sono belle lettere sol perché in pratica non può applicarli alle sue scelte ,anche fugaci,temporanee,effimere,per sommare esperienza al suo vivere .E questa è la relatività dello studio,al di là del potere sugli altri nel senso di persone che sono attorno alla persona,persone altre da sé ,del potere sociale o politico :è inapplicabile anche nelle scelte individuali o teoricamente condivise con chi (i vari "chi" della vita) si dovrebbe avere affinità.Probabilmente perché il modello culturale si pone come insieme di istruzioni,obblighi pratici ,la "cultura umanistica" non molto. Tutte queste espressioni della "cultura",in ogni caso, dall'interno si possono mettere poco in discussione].

Al massimo si sente come controcultura un modello alternativo che la cultura dominante non riesce ad assorbire.
Un fenomeno del genere è accaduto nella Roma imperiale di fronte alla penetrazione del cristianesimo.Il cristianesimo costituiva un modello altro rispetto al modello romano e pagano.Ma a lungo è stato sentito come deviazione insopportabile.Bisogna attendere qualche secolo perché le due culture si riconoscano entrambe a vicenda e in qualche misura possano coesistere _poi accade naturalmente che il modello cristiano assorba quello pagano e vinca :le ragioni per cui un modello prevale sono infinite e non è qui il caso di analizzarle ;diciamo che non esiste una metaregola per definire le culture vincenti;come vedremo più avanti,esiste al massimo una regola per definire le culture perdenti,ovvero incapaci di autoperpetuarsi_. [...] '

Umberto Eco ,Esiste la controcultura?,da Civiltà delle macchine,gennaio 1977,in Sette anni di desiderio,3ed^,2004. Con osservazioni tra parentesi quadre mie ,con l'abbreviazione N.D.R.,Nota della redattrice,Marianna Bonina

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