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domenica

Non ci sono solo le arance, romanzo di Jeannette Winterson






Il romanzo è la sorprendente presa diretta di un’educazione in un contesto religioso protestante, tra gli appartenenti a una non meglio specificata Associazione per le Anime Perdute, una sorta di setta per la quale si cercano nuovi adepti, dalla quale si guardano con disistima i fedeli delle altre fedi cristiane maggioritarie in Inghilterra, dove è ambientato. Un contesto in cui le fedeli preparano le scorte per tempi di conflitti o anche per le missioni, per cambiare le convinzioni di altri altrove, considerati paradossalmente non solo meno consapevoli sul piano spirituale ma anche nel rapporto con la realtà.
La protagonista è anche la voce narrante del romanzo, che si descrive bambina e poi adulta, intercalando il racconto di stampo autobiografico alla narrazione di miti e fiabe adattate per fare da contraltare alla sua storia.
Si tratta di una bambina che fa tante cose simili a quelle delle bambine vissute nei primi anni ’60, con in più il fatto di non avere per molto tempo amicizie con persone della sua età. Quando inizia una tiepida amicizia con un ragazzo della sua congregazione religiosa la madre ha da ridire, pur essendo la donna una persona che aveva sperimentato la vita al di fuori del contesto in cui era cresciuta, quindi la protagonista scopre per caso una ragazza, che è l’inizio della rivelazione a se stessa delle sue preferenze esclusive, ma è anche il momento in cui altri personaggi femminili del romanzo si possono mettere a fuoco più chiaramente: sia quelli che vivono insieme che qualche personaggio solitario.
Ma questa scoperta non è una bandiera da portare alta di fronte agli altri, anzi è l’inizio di reazioni assurde, se non si pensasse al clima comunitario in cui vive la protagonista: un clima solidaristico come quello di altri contesti comunitari tradizionali, ma con un pastore d’anime che prescrive la reclusione di una ragazza per alcuni giorni a casa, senz’acqua né cibo, per “trattare”, per ritrattare la scelta di seguire i suoi impulsi che l’hanno portata a vivere una storia d’amore con un’altra ragazza senza sentirsi a disagio fino a quel momento né con se stessa né con gli altri.

mercoledì

Il caffè equo e solidale

Fare provare a bere un caffè "equo e solidale" a una persona implica di dire che non cambia il sapore in sé del caffè, e neanche, in realtà, che questo caffè in particolare è prodotto, secondo la qualità, in tanti paesi del mondo, come è scritto sulla confezione, o in uno solo. Ma rende prioritario dire che chi lavora o chi possiede quella tale piantagione di caffè, riceve un salario o un compenso per la vendita del raccolto che è costante nel tempo, indipendentemente dalle fluttuazioni del prezzo di mercato, e che non vi è lo sfruttamento delle persone come nelle piantagioni che sono gestite senza gli accordi con gli acquirenti delle organizzazioni di commercio equo e solidale.

domenica

Il flusso di coscienza nell'Ulysses di Joyce e il riciclo dei rifiuti parlando di organizzazione politica

Le relazioni umane a volte sono dei giochi dove le regole sfuggono e ci sono dei punti in cui ci si blocca ma non si dice.
L'amicizia a volte può contenere un non detto di riferimenti che non corrispondono.
L'amica che mi dice "Scusa ,ma qua facciamo la raccolta differenziata" e il luogo da cui proviene è uno dell'area dove la raccolta differenziata è andata peggio.
Io che dopo anni altrove ,dopo tanti pensieri su come sarebbero state le nostre vite,la nostra amicizia ,la nostra adolescenza,la nostra giovinezza se fossimo cresciute in quell ' altrove .E non le ho fatto la cronaca per anni ,di tutto quello che se fosse stato altrove sarebbe valso di più.Non le ho detto che l'archeologa che abitava prima di me la casa dove ero vissuta ,e che proveniva da una regione non molto lontana da dove provenivamo noi aveva stabilito che in quella casa si sarebbe fatta la raccolta differenziata e che i rifiuti si sarebbero portati fino ai cassonetti con colori e forme differenti che si trovavano sulla strada o nelle strade non distanti.Non era stata la persona che proveniva dalla stessa regione dove si trova la città dove vivevamo a dire di fare la raccolta differenziata ,perché non era abituata a farla.
Quanti pensieri su ciò che era arretrato e su ciò che era dinamico nei modi di pensare e di vivere.
E quando ci rivediamo con l'amica,pensa che io non ne sappia di differenziare i rifiuti:ora lei pensa ,e in modo esplicito,che qualcosa mi possa scandalizzare di un altro modo di vivere.
"Guarda che da un paio d'anni è porta a porta.E prima ,almeno da dieci ,anche da noi,da me ,quindi per lo meno nelle vicinanze di dove eri tu,c'erano i cassonetti per i vari materiali".
"Aaah sì?!"
E questo era uno scambio precedente.
E la plastica della confezione dei grissini è pulita ,si può mettere nella plastica non nel "secco". Ma non la riprende perché pensa che io mi scandalizzi se riprende qualcosa dalla "spazzatura".Anche se sono pulite le confezioni che ha messo nel sacchetto .Si saranno sporcate nel sacchetto dell'indifferenziata. No,è per il gesto.
E non riesco a non farle pensare che io riderei dietro le sue spalle se ci ripensasse con il rifiuto.
Partecipo ad un incontro virtuale con altri,tra cui qualcuno che conoscevo da tanto tempo ,e mi sorprendo ,ma dopo questo incontro non più di tanto, che "nulla è cambiato". Varie persone si pongono la questione del se sia il caso di risolvere con il riciclo il problema dei rifiuti ,ma non è un pensiero neanche immediato.E allora io commento "Ancora è una questione filosofica" nel senso che si pone quasi una questione "etica" del se è il caso di convincere le persone a fare la raccolta differenziata invece di aspettare che un'amministrazione comunale o un'azienda per i rifiuti li tolga dalla strada.E poi ,dato che il messaggio non era stato letto nell'immediato ,commenti tipo "Ci sono dei messaggi che non si capisce a cosa si riferiscono"No,non ti preoccupare ,tu rispondi solo a quelli che hanno un senso",dice uno a un'altro e io "Mi riferivo al riciclo dei rifiuti" e quello a cui veniva consigliato di rispondere solo ai messaggi che avevano un senso "Ah,siamo al flusso di coscienza dell'Ulisse!".
Sì,è una questione filosofico-letteraria,persino teoricamente scientifica per quanto riguarda l'espressione dell'individualità e di ciò che l'individuo considera una questione preminente da affrontare,ma non antropologica ,non di formazione continua delle persone ,non di gestione, non di comprensione tra le persone,di difficoltà di rimarcare una questione per farla diventare un argomento urgente sul quale mettersi d'accordo.
In fondo nelle affinità tra le persone ci sono barriere di scarti che affiorano e che a volte non fanno capire che ci sono affinità basate solo sulla volontà di essere affini ma non sull'esserlo,il che per un modello di organizzazione della comunicazione tra le persone sarebbe la prova che funziona,perché le persone provano e vivono il sentimento della presenza,della vicinanza ,ma non riescono a rendersi conto che ciò che danno per sottinteso è differente e quindi se devono mettersi d'accordo su qualcosa, per questioni necessarie o evidenziate come tali da voleri superiori,considerano ovvie le idee,i significati ,le reazioni,ciò che c'è da risolvere ,o ovvie delle differenze che sono ovvie solo per loro,e quindi non riescono a mettersi d'accordo o hanno la sensazione ,o la certezza ,che prevalga l'opinione di qualcuno,che a sua volta ha quell'opinione perché così sembra una persona più alla moda o perché influenzata da qualcuno,come se le convinzioni influenzate dalle tradizioni non fossero influenzate.